
Cosa succede davvero dietro una scarpa firmata Alberto Ciaschini
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Cosa succede davvero dietro una scarpa firmata Ciaschini
Ciao,
sono Alberto.
Lo so che da fuori una scarpa può sembrare semplice: pelle, tacco, qualche cucitura ben fatta e via.
Ma fidatevi, non è proprio così che funziona. Almeno non nel mio mondo.
Nel mio mondo, ogni scarpa ha dietro giorni di lavoro, decine di decisioni, e spesso anche qualche dubbio (sì, anche dopo vent’anni che lo faccio). Perché non c’è un bottone da premere e voilà, la scarpa è fatta. C’è invece un processo pieno di persone, mani, strumenti, prove, errori, aggiustamenti. C’è artigianalità.
Tutto inizia con una cosa un po’ banale: un’idea
A volte è un tacco che mi viene in mente mentre sono in giro. Altre, un dettaglio che sogno di notte (non ridete, capita davvero).
Poi la testa parte: prendo un foglio, abbozzo, cancello, rifaccio.
Ma il passaggio chiave è sempre lo stesso: capire se quell’idea ha senso addosso a una donna vera, non solo su un disegno.
Perché a me interessa che chi indossa le mie scarpe si senta forte, elegante, comoda, libera.
Se non ci riesco, anche se il disegno è bello… non vale niente.
Dal disegno al prototipo: e qui iniziano i dolori
Una volta che l’idea è abbozzata, inizia la parte più lunga.
Il prototipo. Lo facciamo sempre qui in Lombardia, nel calzaturificio dove lavoro con persone che conosco da una vita.
Non siamo in tanti, e ognuno ha un compito ben preciso. Ma la cosa bella è che ci si confronta. Sempre. Se qualcosa non torna, ce lo diciamo. Non si va avanti a cuor leggero.
Spesso il primo prototipo non è giusto. Magari la linea è bella ma non calza bene. O magari il tacco regge, ma esteticamente è “sbagliato”. Ci si guarda, si sospira, e si ricomincia.
Fa parte del gioco. Anzi, è il gioco.
La scelta dei materiali: qui non si bara
La pelle dev’essere quella giusta. Non solo bella, ma anche viva, morbida, resistente.
Non acquisto mai materiali a caso. Li scelgo uno per uno, con pazienza.
E quando mi arriva un campione nuovo, lo guardo, lo tocco, lo piego, lo annuso anche.
Perché la pelle, se è buona, la riconosci anche così.
Le fodere, le suole, i tacchi (quelli miei hanno una storia a sé) — tutto viene controllato.
E se qualcosa non mi convince, si scarta. Anche se costa. Anche se allunga i tempi.
Preferisco dire “ritardiamo” che mettere fuori una scarpa che non rappresenta davvero ciò in cui credo.
Non c’è catena di montaggio, c’è una squadra
Ogni paio di scarpe passa per diverse mani. C’è chi taglia, chi monta, chi rifinisce.
Ognuno ci mette il suo tocco, il suo occhio. È questo che rende ogni scarpa Ciaschini un po’ diversa.
Non è perfetta. È viva.
E non è magia. È mestiere.
Quello che ho imparato osservando, sbagliando, ascoltando chi ne sapeva più di me.
E continuo a farlo ancora oggi. Ogni giorno, anche ora che il mio nome è sul prodotto.
Perché tutto questo?
Perché voglio che le mie scarpe non siano solo belle da vedere, ma anche giuste da indossare.
Giuste per chi sceglie di camminarci. Per chi si mette davanti allo specchio e dice: “Ok, oggi vado. E lo faccio come dico io.”
Ecco, se riesco a trasmettere anche solo un po’ di questo, allora forse ne vale la pena.
A presto 😉
Alberto
FAQ
Q: Ma è vero che le vostre scarpe sono tutte fatte a mano?
A: Sì. Ogni passaggio passa per mani vere, esperte. Usiamo qualche macchina, certo, ma mai per sostituire il lavoro artigianale. Solo per affiancarlo dove serve.
Q: Quanto tempo ci vuole per fare una scarpa Ciaschini?
A: Dipende dal modello. Diciamo che tra progettazione, prototipo e produzione, per una nuova scarpa possono volerci anche due mesi.
Q: Tutti i materiali sono italiani?
A: Sì. Pelle, suole, fodere... lavoriamo con fornitori locali che conosciamo da tempo. È una scelta, non una moda.
Q: Si possono personalizzare le scarpe?
A: Non ancora in modo sistematico, ma stiamo studiando qualcosa. Ogni tanto capita che una cliente ci scriva e, se possiamo, lo facciamo volentieri.